ULTRA' LECCE NEL MIRINO: IN 42 RISCHIANO IL DASPO
Non c'è pace per il mondo del tifo organizzato leccese: è di queste ore, infatti, la notizia di un Daspo che pende come una spada di Damocle sulle teste di ben 42 supporters giallorossi. Il motivo? Un corteo non autorizzato. Fin qui nulla da eccepire. Ma il ridicolo lo si sfiora quando ci si addentra nelle motivazioni giudiziarie: la manifestazione sospettata è niente meno quella derivante dai festeggiamenti post-derby Bari-Lecce del maggio 2011 (proprio quel famigerato derby vinto dai salentini per 0-2). Mentre tutta la città era in festa, gli Ultras si diedero appuntamento nei pressi di Porta Napoli per giungere nella centralissima Piazza S.Oronzo in un carosello festante.
Il provvedimento, quindi, contesta ai coinvolti l'art.18 del Testo Unico sulla Sicurezza Pubblica, il quale prevede un avviso entro almeno tre giorni prima della discesa in piazza per una qualsivoglia riunione pubblica. E qui il primo paradosso: da sempre cortei simili, se cortei si possono definire, parte essenziale del mondo del calcio, non possono prevedere preavvisi, poiché conseguenziali ad un risultato sportivo giunto al più ore prima, se non minuti. In più, normativa alla mano, la contestazione può riguardare solo i promotori dei suddetti cortei, e non i loro partecipanti tutti. Ci viene da pensare, con un sorriso, che i promotori di tale reato siano stati gli stessi calciatori del Lecce, rei di aver vinto un derby e aver ottenuto la salvezza in Serie A con un turno di anticipo.
Altro episodio sotto la lente di ingrandimento delle autorità è riferito all'8 gennaio 2012, quando la formazione salentina ospitò i campioni della Juventus. In quella occasione il popolo della Curva Nord annunciò tramite un volantino una protesta pacifica concernente il caro biglietti messo in atto dalla società per assistere alla partita contro i bianconeri, introducendo sugli spalti del "Via del Mare" uno striscione contro la Tessera del Tifoso e nulla più.
(foto: Lombardi)
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, unanime è pervenuta alla cronaca la voce di indignazione di molti esponenti di spicco della politica nostrana, tifosi prima che pubbliche istituzioni. Il sindaco di Lecce, Paolo Perrone, ironizza: "E se l'Italia nella prossima estate dovesse vincere il Mondiale come faremo?"
L'Assessore comunale all'Innovazione Alessandro Delli Noci chiosa: "Quel 15 maggio è una data destinata a restare alla storia e quei festeggiamenti rappresentano uno dei momenti più belli del nostro calcio. Come facevano i tifosi ad avvisare preventivamente? Gli slanci di passione giallorossa fanno parte dell'intera città".
Massimo Alfarano, Congliere presso Palazzo Carafa, afferma: "Siamo ad un paradosso. Se festeggiare la propria squadra è reato, allora il calcio è sul punto di morte. I tifosi non sono marionette e se denunciate quei 42 tifosi, allora dovete denunciare tutta la città. Cosa ci vorrebbe? Semplice buon senso".
Dice la sua anche il Consigliere regionale Saverio Congedo che replica alla minaccia del Daspo: "Non riesco a comprendere questa decisione: di quella giornata ho un personale ricordo anche io, essendo stato presente al "S.Nicola" e la smania di tornare in città per esultare insieme a tutti mi avvolgeva per tutto il viaggio di ritorno. Così si rischia di creare un precedente singolare e pericoloso: molti sono, infatti, manifestazioni improvvisate a cui assistiamo".
Infine interviene anche l'avvocato Pinuccio Milli, legale di molte battaglie in difesa del mondo Ultras: "di paradossi come questo ne conosco a bizzeffe. Difenderò i miei assistiti nelle sedi opportune per far luce e giustizia su questa incresciosa vicenda".
Giulio Serafino