Lecce: Donne in carcere, pedofilia abusi e maltrattamenti. Partono i corsi promossi dalla Provincia
“Donne in carcere: la questione delle detenute madri e alternative alla detenzione” e “Pedofilia, abuso e maltrattamenti: saper riconoscere l’infanzia negata”: sono questi i due nuovi corsi di aggiornamento per operatori sociali approvati oggi dalla giunta di Palazzo dei Celestini, e che partiranno rispettivamente il 30 ottobre e il 22 novembre.
Le iniziative fanno parte del Piano formativo “Welfare e qualità sociale del territorio: un percorso continuo di aggiornamento e confronto”, organizzato dalla Provincia di Lecce (assessorato alle Politiche sociali e Pari opportunità) e cofinanziato dalla Regione Puglia.
Dalla prossima settimana saranno aperte le iscrizioni on line sul sito della Provincia (www.provincia.le.it), nella sezione “Formazione Politiche sociali”.
Spiega l’assessore alle Politiche sociali della Provincia di Lecce Filomena D’Antini Solero: “Si tratta di temi con i quali si confrontano ogni giorno sia le autorità giudiziarie che gli operatori sociali, in riferimento soprattutto agli atti di violenza su minori e pedofilia, sempre più frequenti e spesso raccontati dai minori a distanza di molti anni dal fatto. Avere personale qualificato serve ad intervenire prima sulle vittime, intercettare per tempo e capire gli atti d’abuso per far sì che si non protraggano nel tempo. La formazione diventa così uno strumento di prevenzione, protezione e cura dei minori vittime di abuso e violenza”.
Ed aggiunge: “Per la questione delle donne in carcere, la formazione è rivolta agli operatori sociali e alla Polizia penitenziaria, convinti che l’alta formazione di personale qualificato possa garantire percorsi rieducativi e opportunità di inclusione sociale alle detenute una volta uscite dalla Casa Circondariale”.
“All’interno degli incontri formativi si realizzerà anche un’azione di sensibilizzazione sul tema del carcere al femminile, allo scopo di far conoscere la realtà e i ritmi quotidiani della vita all’interno di una casa di detenzione, dove spesso le donne detenute hanno con sé i figli minori di 3 anni”, conclude l’assessore D’Antini Solero.